Stefano Mancuso. Professione botanico, membro dell’’Accademia dei Georgofili, professore universitario, direttore del Laboratorio internazionale di neurobiologia vegetale. Ha sempre studiato le piante e il loro mondo, e ha capito che senza di loro non si può parlare di transizione energetica, di sostenibilità. La sua ricetta è semplice: più alberi significa meno CO2. Di alberi secondo lui ne servono circa 1000 miliardi in tutto il mondo, un numero che a prima vista sembra enorme, ma in realtà non lo è. Solo che essendo piante sfuggono al sistema economico attuale che predilige soluzioni, secondo il pensiero del professore, capaci di far girare soldi nell’immediato. Un albero impiega 20 anni per crescere e non genera profitto, fa una sola cosa: fissa il carbonio.
Ha scritto diversi libri dove ha spiegato il ruolo delle piante sulla terra ed è uno dei più influenti divulgatori scientifici al mondo. Nei suoi scritti spiega che le città rappresentano il 2% delle terre emerse, ma sono responsabili dell’80% della CO2, dell’80% del consumo di risorse e dell’80% dei rifiuti del pianeta. Le città hanno un’impronta ecologica enorme, cioè la quantità di terra che serve a ogni persona per produrre le risorse di cui ha bisogno e per depurare i rifiuti, basti pensare che l’impronta ecologica di Londra è superiore alla superficie di tutta la Gran Bretagna.
Il 2020 di questo periodo storico, l’Antropocene, sarà ricordato, per Mancuso, come l’anno in cui la produzione di cemento e plastica ha superato il peso della vita sulla terra. La presenza dell’uomo è stata come uno tsunami per la vita sulla terra, solo negli ultimi due secoli l’umanità ha tagliato due terzi di tutti gli alberi del pianeta. Sono quelli che mangiamo l’80% dei mammiferi sulla terra, mentre è pollame l’85% degli uccelli. La biodiversità è fondamentale per la salute del pianeta, anche alla luce del cambiamento climatico che sta alterando gli ecosistemi sempre più velocemente.