Islanda, al via il più grande impianto al mondo per la cattura di CO2 dall’aria

Islanda, al via il più grande impianto al mondo per la cattura di CO2 dall’aria

Si chiama “Orca” ed è un sistema in grado di catturare l’anidride carbonica e iniettarla nel sottosuolo, a mille metri di profondità, per trasformarla in roccia. Una tecnologia innovativa che però ha ancora costi proibitivi

di Giacomo Talignani

L’impianto è acceso, Orca vive, e con lei una speranza in più per il futuro. Il gigantesco sistema di cattura e stoccaggio della CO2, il più grande impianto al mondo di questo tipo, è stato inaugurato mercoledì in Islanda. Chiamato “Orca” in riferimento alla parola islandese che significa “energia”, si tratta di un progetto costato tra i 10 e i 15 milioni di dollari di investimento ed è in grado di assorbire dall’aria 4mila tonnellate di CO2 e trasformarla in roccia, più o meno l’equivalente delle emissioni annuali di oltre 800 auto.

È stato progettato dalla società svizzera Climeworks AG in collaborazione con l’islandese Carbfix e ha come obiettivo lo sviluppo di un innovativo sistema di cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica, una nuova tecnologia che – seppur costosa e per diversi aspetti ancora in fase di sviluppo – promette un impulso positivo nella lotta alla crisi climatica.

Grazie a una serie di ventilatori viene aspirata dall’aria l’anidride carbonica in un grande collettore dotato di materiali filtranti, una volta riempito di CO2 il collettore viene chiuso e si aumenta la temperatura per far sì che l’anidride carbonica venga rilasciata, dopodiché viene miscelata con l’acqua e poi iniettata a mille metri di profondità nella roccia basaltica del sottosuolo dove viene mineralizzata. Nel tempo si trasformerà in pietra. Secondo gli ideatori di questa tecnologia, un tale sistema potrà diventare uno strumento importante nella battaglia contro la crisi climatica, ma i critici sostengono che sia ancora proibitiva come costi e tempi di costruzione per poter funzionare su larga scala.

Orca si trova nella zona di Strumsvik in un altopiano nel sud-ovest dell’Islanda e questo primo anno di funzionamento sarà decisivo, secondo i costruttori, per migliorare l’efficienza e la possibilità di estendere questo tipo di impianti altrove. Tenendo conto che entro il 2050 secondo le raccomandazioni della IEA (Agenzia internazionale per l’energia) dovremmo estrarre quasi un miliardo di tonnellate di CO2 dall’atmosfera per riuscire a raggiungere l’obiettivo di zero emissioni, le 4000 tonnellate di anidride carbonica trasformate ogni anno dall’impianto appaiono come un piccolo contributo, ma secondo Christoph Gebald, uno degli ingegneri svizzeri che ha lavorato al progetto, “si tratta di costruire un mercato che ancora non esiste. L’impianto che abbiamo realizzato è un progetto per crescere ulteriormente”.

Attualmente si stimano ancora costi alti per l’intero processo: tra i 600 e gli 800 dollari per tonnellata di anidride carbonica, ma l’obiettivo è scendere prima a circa 300 dollari per tonnellata entro il 2030 e poi a un valore fra i 100 e i 150 dollari per iniziare ad essere efficiente, competitivo e vantaggioso. Allo stesso tempo non è detto che in altri paesi un sistema del genere sia facilmente sviluppabile: l’Islanda offre infatti la giusta geologia sotterranea per facilitare questo processo e la piccola nazione ha ampie riserve di energia geotermica da sfruttare.
 
Il problema principale resta però quello di rendere questo sistema “economico e replicabile” afferma Stephen Pacala, direttore della Carbon Mitigation Initiative alla Princeton University. Secondo il primo ministro islandese Katrin Jakobsdottir si tratta comunque di “un passo importante nella corsa all’azzeramento netto delle emissioni di gas serra, necessario per gestire la crisi climatica” ha detto sostenendo di credere nelle nuove tecniche per la cattura della CO2 e il fissaggio sotto forma di composto solido.

Attualmente al mondo esistono circa 15 impianti di cattura diretta dell’aria che catturano più di 9.000 tonnellate di CO2 all’anno, secondo l’IEA, e diverse tecnologie basate su differenti sistemi sono in funzione o fase sviluppo. Per rimuovere i gas serra si va da tecnologie basate sulla riforestazione, l’idrogeno, la creazione di zone paludose, la fertilizzazione degli oceani con ossidi di ferro per avere più plancton, lo sviluppo di alghe e diversi processi biologici. In molti casi tecniche con alti costi e criticità che, proprio come Orca, hanno bisogno di incentivi e sostegno nel tentativo di diventare più economiche e su larga scala per poter giocare davvero una battaglia decisiva nella guerra al surriscaldamento che abbiamo creato.

Foto da : www.repubblica.it